La mattina del 4 maggio 1954, nella miniera di lignite della Montecatini a Ribolla (Roccastrada), poco dopo le 8.30 avvengono due esplosioni di grisou nella zona “Camorra sud”, la parte più recente del bacino minerario. L’esplosione percorre le gallerie, con un’onda d’urto fortissima che distrugge tutto quello che incontra. Le fiamme divampano, la temperatura delle gallerie, normalmente intorno ai 40 gradi centigradi, sale intorno ai 100-110°. La nube di polvere che si crea rende difficoltosa la respirazione anche ai minatori degli altri reparti.

LE VITTIME

L’esplosione costa la vita a 43 lavoratori:  Dino Anselmi, Pietro Baldanzi, Enzo Benvenuti, Ledo Betti, Sirio Bonacchi, Ilo Borri, Giovanni Calabrò, Giotto Campanelli, Nello Castellani,  Alisio Civilini, Alfredo Conti, Lucio De Marco, Francesco Femia, Gino Ferioli, Santo Ferrara, Inerio Gambarelli, Antonio Gasperoni, Marino Giovannelli, Amleto Luschi, Serafino Magnanelli, Silvio Monti, Giovanni Pallini, Antonino Passalacqua, Ferruccio Petri, Pietro Pietrini, Alideo Pineschi, Angelo Pretelli, Emilio Rossi, Igino Salvestroni, Licio Santucci, Cristoforo Sberna, Antonio Scapigliati, Primo Sebastiani, Silvano Simonelli, Orlando Sirianni, Giuseppe Stacchini, Mario Tani, Aurelio Taviani, Marcello Testini, Atlante Ticci, Rolando Tognozzi, Ildo Turacchi, Angelo Vannini. 

I FATTI

Una tragedia in parte annunciata, perché nei giorni precedenti – come testimonia l’inchiesta aperta dalla Cgil subito dopo la tragedia – alcuni segnali avrebbero dovuto mettere in allarme la Montecatini, proprietaria del giacimento. A seguito della riapertura di due gallerie, sigillate da quasi un anno a causa di un’esplosione che aveva provocato il ferimento di due operai, si verifica, il 3 maggio, un incendio, che la mattina del 4 non è ancora stato domato. Nonostante ciò, la direzione della miniera decide di far entrare regolarmente al lavoro la squadra di operai del primo turno. Per questo al momento della tragedia nel pozzo Camorra sono presenti 47 operai (4 dei quali inviati proprio per spegnere l’incendio) e solo 4 di questi si salvano.

 I SOCCORSI 

Nonostante non fosse la prima esplosione nella miniera di Ribolla, la Montecatini non è in grado di organizzare i soccorsi anzi, fino alle 10 non viene dato agli altri minatori l’ordine di abbandonare il lavoro. Gli operai – anche provenienti da altre miniere o cave della zona – organizzano spontaneamente le prime squadre di soccorso, ma i ventilatori delle gallerie sono fuori uso e non ci sono autorespiratori a sufficienza. I soccorsi “organizzati” iniziano con molto ritardo, nel primo pomeriggio, con l’arrivo dei vigili del fuoco e anche l’assistenza medica ai feriti avviene con lo stesso ritardo, fatta eccezione per un medico, il dottor Palazzesi, sul posto già dalle prime ore. Le prime vittime sono estratte intorno alle 17. L’opera di recupero dei cadaveri continua ininterrottamente nella notte e nei giorni seguenti: sono impiegati 70 uomini che si alternano in turni di 4 ore. 42 sono i minatori spirati nell’incidente; la quarantatreesima vittima muore a due mesi dallo scoppio. Per 37 dei 42 minatori viene allestita una camera ardente nella sala del cinema di proprietà della Montecatini. 

LA COMMISSIONE DELLA CGIL E IL PROCESSO 

A solo un mese dalla tragedia la commissione incaricata dalla Camera del Lavoro di indagare sulla vicenda consegna alla Cgil nazionale un’inchiesta dal titolo “Le responsabilità della Montecatini nel disastro minerario di Ribolla”, in cui si dimostra la responsabilità del gruppo Montecatini nella strage: le insufficienti misure di sicurezza messe in atto dalla direzione della miniera e la scarsa ventilazione sono individuate come le cause della tragedia. 

Per il numero di vittime, il coinvolgimento di un colosso dell’industria chimica italiana, la concomitanza con le manovre di sbarco della Nato sulle coste maremmane, che aveva attirato giornalisti di tutta Europa, e la presenza di oltre 50mila persone ai funerali – tra cui il presidente della Repubblica Luigi Einaudi, il deputato Amintore Fanfani e il direttore de L’Unità, Pietro Ingrao, oltre ai rappresentanti delle istituzioni locali -, la strage di Ribolla ha una vasta eco sulla stampa.

La Società e tutti gli imputanti, però, vengono assolti al processo di Verona del 1958, in cui emerge l’impossibilità di accertare le ragioni dello scoppio di grisou; responsabile della morte dei minatori risulta essere la “mera fatalità”. Dalla tragedia inizia la smobilitazione del giacimento di Ribolla che sarà chiuso definitivamente nel 1959.